BANCHE, ABI: COLPA DELLA RECESSIONE I CREDITI DETERIORATI

L'alto livello dei crediti deteriorati presenti nei conti del sistema bancario italiano non è una patologia ma la naturale conseguenza di un ciclo economico estremamente pesante durato 7 anni. E' la lettura del direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, emersa nel corso di un'audizione presso la Commissione Finanze della camera.

Il dg ha infatti ricordato come nel lungo periodo di crisi ci sia stata una "caduta del pil che ancora oggi vede una distanza del 9% rispetto al livello antecedente alla crisi, una caduta degli investimenti fissi e una contrazione della produzione industriale del 25%". Questa situazione, secondo Sabatini, non poteva non avere riflessi sul settore bancario e in particolar modo sulla qualità dell'attivo di banche così votate al finanziamento dell'economia reale.

Prima della crisi, infatti, i crediti deteriorati delle banche italiane erano leggermente superiori alla media Ue, ma oggi sono arrivati al 19,3% contro una media del 7,3%. Comunque, secondo Sabatini, ci sono segnali di miglioramento della qualità del credito.

"Noi riteniamo che il nostro modello, focalizzato sul finanziamento a imprese e cittadini, sia a basso rischio e in effetti nella prima parte della crisi abbiamo retto molto meglio delle banche anglosassoni e delle altre banche europee, ma abbiamo risentito fortemente del ciclo economico. Quando la crisi si è trasferita sull'economia reale questo ha avuto un impatto maggiore sulle banche commerciali europee ed italiane", ha aggiunto.

"La tipicità della banca italiana è che il 55% dell'attivo è rappresentato da finanziamenti erogati a imprese, famiglie e alla pubblica amministrazione, contro una media europea del 46%. L'altra faccia della medaglia", ha proseguito Sabatini, "è che gli attivi finanziari delle banche italiane sono molto modesti, pari al 34% contro una media Ue del 38%".

Tuttavia, per il dg dell'Abi, è importante analizzare se e quante sono le attività finanziarie più rischiose. "La quota nelle banche italiane è minima, solo il 14%", ha reso noto Sabatini, evidenziando come in altri settori bancari, come in Germania, questi attivi rappresentino oltre il 52% del capitale di prima qualità a fronte di una media europea pari al 23%.

In merito al tema del salvataggio delle quattro banche commissariate: Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, Sabatini ha fatto presente che anche prima che fossero recepite le direttive europee, quindi anche con il precedente quadro normativo, in caso di liquidazione coatta amministrativa di una banca gli unici tutelati erano i depositanti fino a 100 mila euro. "Sarebbero stati sacrificati gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati, gli obbligazionisti semplici e i depositanti oltre i 100 mila euro", ha precisato.

Proprio a riguardo, il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha reso noto che oltre il 70% dei dipendenti di Banca Marche, Banca Etruria e Cassa di risparmio di Ferrara avevano investito i loro risparmi in azioni e/o in obbligazioni delle banche stesse. "Questo la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti", ha sottolintao Sileoni.

Nello specifico, ha aggiunto,"nel gruppo Banca delle Marche i lavoratori in possesso di azioni od obbligazioni subordinate sono 2.210 su 2.800, in Cassa di risparmio di Ferrara oltre 500 su un totale di mille addetti, in Banca dell'Etruria su 1.700, 1.200 sono titolari di azioni mentre 100 hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare per un controvalore di 3,8 milioni".

Il rappresentante sindacale ha infine voluto ricordare che da anni le organizzazioni sindacali del credito si battono contro le pressioni commerciali fatte dai vertici delle banche ai loro dipendenti. "Talvolta siamo dovuti intervenire per scongiurare sanzioni disciplinari a danno di quei lavoratori che manifestavano perplessità rispetto alla vendita di prodotti finanziari a rischio", ha dichiarato Sileoni. "Il rimedio a questa situazione", ha concluso, "c'e': sarebbe sufficiente per le banche spostare sul medio e lungo termine, invece che sul breve, tutti i ricavi provenienti dalla vendita dei prodotti finanziari".

Autore news: Francesco Nardini

Fonte: Milano Finanza

Link della fonte: www.milanofinanza.it

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